giovedì 14 marzo 2013

Batman: La Corte dei Gufi. Un buco nell'acqua? (NO SPOILER)

Ho appena terminato la lettura dell'arco narrativo sulla testata di Batman gestito da Scott Snyder e Greg Capullo, che vede, in un dipanarsi di 11 numeri, il Pipistrello opporsi alla fantomatica Corte dei Gufi, organizzazione segreta e quasi leggendaria che parrebbe esistere da sempre, nella storia di Gotham.
Che dire?
Mi aspettavo di più; molto di più.


Sarà che molti lettori appassionati, ormai abituati alla disarmante mediocrità che caratterizza l'attuale produzione degli spillati di supereroi, abbiano gridato al capolavoro al termine della lettura, alzando non di poco le mie aspettative; sarà che io stesso ci credevo sul serio a questo prodigio annunciato, sbandierato dai media, acclamato dai fan; sarà che man mano che leggevo la run, fino al settimo/ottavo numero, lo vedevo realizzarsi concretamente, quel gioiello di cui tutti parlavano. Ma poi, di fatto, cosa abbiamo avuto realmente? Un buon prodotto, indubbiamente al di sopra della media - ormai da querela - dei mensili di eroi in calzamaglia, ma non quell'elemento rivoluzionario e imprescindibile che molti andavano professando.
Comprendo senza difficoltà lo scalpore che il ciclo della Corte dei Gufi è riuscita a creare tra i Bat-fans più accaniti; quella in questione è una splendida storia di Batman, ma presenta degli innegabili difetti su cui, a mio dire, non si può passare oltre. Ma andiamo con ordine.
Snyder è uno scrittore molto abile e completo, capace di intessere ottimamente una trama passo dopo passo, di amalgamare bene indagine psicologica e azione (elementi della medesima importanza in un'avventura dell'Uomo Pipistrello), di imbastire dialoghi pungenti e coinvolgenti. Inoltre, dimostra di sapersela cavare non male come sceneggiatore, fornendo agli eventi un'ottimale sezionamento in vignette, ben curate dal punto di vista della regia e del ritmo impresso alla storia, adeguato per ogni situazione.

sabato 2 marzo 2013

Zio Paperone e l'ultima avventura, ovvero come Paperopoli divenne reale

Fu così che cominciai a riconsiderare l'idea di sottoscrivere un abbonamento a Topolino, dopo quattro anni di astensione a causa di ripetute delusioni legate al livello qualitativo dei numeri.
Apparsa in quattro puntate su altrettanti numeri di Topolino (2985/2988), "Zio Paperone e l'ultima avventura" (Francesco Artibani/ Alessandro Perina) è una saga splendida, che restituisce dignità al personaggio del ricco magnate nato a Glasgow e che si erge a simbolo stesso della rapida ripresa che sta interessando il settimanale, testata ammiraglia della Disney italiana, in questi ultimi, stupefacenti mesi. 
In questo periodo di (ottima, se chiedete a me) gestione De Poli, abbiamo visto campeggiare sulle pagine della rivista roba del calibro di Dracula di Bram Topker (Enna/Celoni), Zio Paperone e l'isola senza prezzo (Radice/Turconi) e Topolino e gli Ombronauti (Casty): "L'ultima avventura" paperoniana sembra proprio voler rappresentare la situazione del recente passato del Topo, caratterizzato dalla "caduta" e dalla "rinascita", dal "crollo" e dalla "ripresa", dal "capitombolo" e dalla "resurrezione". 
Cover di Topolino 2985, su
cui è pubblicata la prima
parte della storia.
"Zio Paperone e l'ultima avventura" parla proprio di questo, ed è un compito decisamente semplice illustrarne la trama: i più grandi nemici di Paperon de' Paperoni (John D. Rockerduck, la Banda Bassotti, Amelia e, con un magistrale e attesissimo ritorno sulle pagine di Topolino, il miliardario sudafricano privo di scrupoli Cuordipietra Famedoro) si coalizzano per far precipitare nel baratro della più assoluta miseria il povero Paperone e questa volta, inaspettatamente, ci riescono sul serio. Il fu Terrore del Transvaal dovrà quindi cercare di riappropriarsi delle sue sostanze, sconfiggendo la disperazione e potendo contare sull'affetto e sul sostegno dell'ormai mitologico clan dei Paperi e sugli amici di sempre. Riuscirà a risorgere dalle ceneri?
La trama, come si può notare, non è particolarmente complessa da riportare: decisamente più difficile, invece, è analizzare il titanico lavoro svolto da Artibani per dare quelle pennellate sufficienti a trasformare una storia che saprebbe di già visto (vedi alla donrosiana voce "Qualcosa di veramente speciale") in un autentico gioiello, forse addirittura il più splendente nella recente produzione Disney italiana.